Cosimo III de’ Medici, penultimo granduca di Toscana, promulga nel 1716 un bando con cui identifica i confini entro i quali si possono produrre vini con un nome regolamentato: di fatto la prima legge per le Denominazioni di origine controllate mai promulgata al mondo!
Nel bando si citano 4 vini, tra i quali il Pomino.
Ma a fare la fortuna di questo bianco, contribuì in modo sostanziale Vittorio degli Albizzi, giovane rampollo di una nobile famiglia fiorentina, nato in Francia ma cresciuto tra la Toscana (Firenze, Pomino e Nipozzano) e la Borgogna.
Fu lui ad introdurre le novità più dirompenti nella viticoltura toscana: sostituì le viti malate piantando nuovi vigneti in coltura specializzata con sesti d’impianto fitti; introdusse, prima a livello sperimentale e poi su vasta scala, vitigni con ciclo vegetativo più breve e meno esigenti quanto a temperatura; sperimentò dei nuovi vigneti, introducendoli dalla Francia e affiancandoli ai vitigni autoctoni (Sangioveto, Canajolo nero e bianco, Trebbiano) allo scopo di dare il via alla produzione di un vino bianco che, nelle sue intenzioni doveva richiamare le caratteristiche organolettiche dello “Chablis” borgognone.
Il suo vino, nel 1878, vinse il primo premio all’esposizione internazionale di Parigi come “chablis di Pomino”.
Oggi l’eccellenza di Pomino continua con i Marchesi Frescobaldi.
Per una poesia sul Pomino vai QUI.
Quel gran vino
di Pumino
sente un po’ dell’affricogno;
Tuttavia di mezzo agosto
io ne voglio sempre accosto;
E di ciò non mi vergogno
perché a berne sul popone
Parmi proprio sua stagione.
Ma non lice ad ogni vino
di Pumino
Stare a tavola ritonda
Solo ammetto alla mia mensa
quel che il nobile Albizzi dispensa
E che fatto d’uve scelte
fa le menti chiare e svelte.
Fa le menti chiare e svelte
anco quello,
ch’ora assaggio e ne favello
Per sentenza senza appello:
Ma ben pria di favellarne
Vo’ gustarne un’altra volta.
Tu, Sileno, intanto ascolta…
(Francesco Redi , Ditirambo Bacco in Toscana, 1685 )